Pubblichiamo la relazione tenuta da Raffaele Miraglia il 20 ottobre 2006 al convegno "Democrazia, diritti e giustizia al tempo dell'Unione".
DIRITTO PENALE MINIMO E GIUSTO PROCESSO
Un anno fa il futuro programma di governo dell'Unione era in gestazione e noi abbiamo, nel nostro piccolo, contribuito alla sua genesi anche con il convegno che tenemmo a Roma il 29 ottobre 2005. Gli atti di quel convegno sono stati pubblicati nella rivista Diritto di Critica e nel nostro sito.
In quell'occasione tentammo di indicare alcune priorità a alcune cose da evitare.
Nel campo del diritto penale sostanziale segnalammo che era urgente procedere verso un diritto che preveda la punizione penale solo di condotte veramente offensive di beni costituzionalmente rilevanti e solo ove altri tipi di sanzione non siano efficaci.
Segnalammo l'urgenza di creare un sistema di pene nuove, razionali e coerenti sistematicamente così che non siano puniti, come succede ora, fatti più lievi con sanzioni più elevate di quelle previste per fatti più gravi.
Indicammo alcune strade: la prima una rapida approvazione di un nuovo codice penale (che consentirebbe da solo la eliminazione della ex Cirielli), la seconda una profonda rivisitazione della legge Bossi-Fini, la terza una profonda rivisitazione della legge sugli stupefacenti, la quarta un'attenzione costante a non creare nuove figure di reato ad ogni piè sospinto (un male cronico in questo paese), la quinta una drastica revisione del diritto penale dell'economia, massacrato da una delle più note leggi ad personam della scorsa legislatura.
Dobbiamo dire che la lettura del programma dell'Unione ci ha confortato. Quelle indicazioni erano state recepite in linea di massima, seppure - e purtroppo non a caso - nella parte dedicata alla giustizia non si parli mai della legislazione sugli stupefacenti, se non per dire che bisogna favorire la cura delle tossicodipendenze al di fuori delle strutture carcerarie. Potrà dirvi meglio di me l'avvocato Desi Bruno quanto e come l'attuale legislazione in materia carichi di lavoro i Tribunali e riempia le carceri. Sappiamo, comunque, tutti che l'approccio al tema con una visione prioritariamente penal-proibizionista non ha dato e non sta dando alcuna efficace risposta e la sperimentazione ormai trentennale di una legislazione repressiva dovrebbe convincere anche i più riottosi che la realtà è ben diversa dalla loro ideologia.
Ma ora, passati o quasi i fatidici primi cento giorni, dobbiamo fare un primo bilancio e verificare se e come procede l'attuazione di quel programma.
Si è costituita e insediata la commissione cosiddetta Pisapia per la riforma del codice penale. Ha dei termini stringenti: 31 luglio 2007 per la stesura della legge delega e 31 marzo 2008 per la stesura dei testi per i decreti legislativi. Ha alle spalle due progetti già compiuti, quello Grosso e quello Nordio, in massima parte sovrapponibili. C'è da sperare che questa legislatura sia effettivamente quella del superamento del codice fascista Rocco e della congerie di leggi speciali e complementari. Il decreto che istituisce la commissione Pisapia indica tre priorità: il tema delle sanzioni, il tema della riduzione dell'ambito dell'intervento penale, il tema del coordinamento e della semplificazione della normativa penale. Sono ottime indicazioni e ci sono piaciute le parole del Ministro Mastella nella sua comunicazione sulle linee programmatiche del ministero: " Il nuovo codice dovrà dare piena attuazione ai principi di legalità, tassatività e colpevolezza; dovrà essere riaffermato e reso effettivo il principio di personalità della responsabilità penale; dovrá prevedere un' ampia depenalizzazione delle figure contravvenzionali, nell'ottica di un diritto penale minimo, ma efficace.
Uscendo dalla logica per cui le uniche sanzioni penali sono la reclusione, l'arresto e/o le pene pecuniarie, occorre proporre soluzioni innovative rispetto al sistema attuale per numerosi reati di minor allarme sociale si dovrà prevedere un complesso di pene diverse dalla detenzione in carcere ... Dovranno inoltre essere incentivate le condotte di riparazione dell'offesa e di risarcimento del danno, da considerarsi non solo quali circostanze attenuanti ma, per alcuni specifici reati, anche quale causa di non punibilitá, il tutto nell'ottica di rendere effettiva la funzione rieducativa della pena. La necessaria offensivitá del fatto é un connotato presente in tutti i recenti progetti riformatori e in molti disegni di legge presentati nelle scorse legislature, perciò la nuova progettazione dovrà recepire questo valore assicurando la punibilità delle solo condotte realmente offensive dell'interesse protetto o del bene giuridico tutelato .... L'obiettivo non é solo quello di dare al Paese un codice penale moderno e aderente ai principi costituzionali, ma anche di creare le premesse di un sistema penale che porti a una significativa diminuzione dell'immunità da prescrizione."
Con il decreto Bersani questo governo ha debuttato in campo penale introducendo una nuova norma. L'omesso versamento o l'indebita compensazione dell'Iva per una somma superiore ai 50.000,00 euro è stato equiparato alla già precedentemente penalizzata omissione del versamento delle ritenute effettuate dal sostituto d'imposta. Una norma che possiamo condividere sia per la forma che per la sostanza. Razionale, coordinata con il resto dell'impianto della normativa penale in tema di imposte, con indicazione di una soglia di punibilità che evita di introdurre la sanzione penale per fatti non gravi.
Certamente diverso è il discorso, quando analizziamo l'altro decreto governativo, in corso di conversione, sulle intercettazioni illegali. Lì si sono introdotte norme penali che sia nella forma, sia nell'entità della pena prevista risultano incoerenti con il resto della normativa vigente. Si spera che la legge di conversione elimini queste distorsioni, ma non è stato un bel segnale.
Così come non è chiaro il segnale che arriva sul fronte della legislazione dell'immigrazione, non tanto e non solo sulla questione CPT e sulla questione regole d'ingresso, ma anche sul tema del diritto penale dello straniero, quel diritto che prevede norme applicabili solo ed esclusivamente allo straniero. Continuerà ad esistere e in che forme?
E' forse presto per capire quali altre riforme avranno la priorità, ma un dato è certo. Permane il problema di contrastare all'interno del centrosinistra le forti propensioni a vedere nella norma penale e nella sanzione elevata il mezzo di contrasto principale a fenomeni ad elevata sensibilità pubblica e mediatica. Ne abbiamo avuto un esempio non appena è tornato sulle prime pagine dei giornali - nella vita quotidiana c'era sempre rimasto - il problema della violenza contro le donne. Abbiamo sentito richiedere di elevare quelle sanzioni che già la legge 66 del 1996 ha portato a limiti edittali notevoli e che la legge 207 del 2003 ha disposto non siano mai suscettibili di sospensione condizionale. Non è questa la strada da percorrere, salvo non si sia in cerca solamente di facili consensi, e non di strumenti per veramente prevenire e sanzionare questo grave crimine.
C'è un dato recente che dobbiamo avere ben presente.
Si è modificato e si sta modificando il soggetto che emana le leggi penali.
Sapevamo che la costruzione di uno spazio giuridico comune europeo andava in questa direzione, ma vi è stata una svolta epocale.
La sentenza che la Corte di Giustizia Europea riunita in grande sezione (un qualcosa di simile ad una nostra Cassazione a Sezioni Unite) il 13 settembre di un anno fa ha aperto la strada alla possibilità che i regolamenti comunitari, che sono obbligatori in tutti i loro elementi e sono direttamente applicabili negli Stati membri, nell'ambito delle politiche comuni e delle cosiddette quattro libertà del Trattato che costituisce la Comunità Europea possono prevedere norme penali se "necessarie a garantire l'effettività del diritto comunitario". La dottrina si chiede se così possa essere deciso solo l'an della punibilità o anche il quomodo (la pena), ma intanto la Commissione Europea sull'onda di quella pronuncia ha emesso una Comunicazione il 23 novembre 2005 con la quale si amplia, se possibile, la valenza della pronuncia della Corte sulla competenza penale europea, seppur vincolandola ad un obbligo di motivazione sulla sua necessità.
E' una tendenza di cui dobbiamo tenere conto, anche perchè riscrive lo stesso principio costituzionale della riserva di legge, e di cui deve tenere conto il centrosinistra sia in ambito nazionale sia in ambito di Parlamento Europeo.
Mi è sembrato di coglier una sottovalutazione di questa problematica nella parte che il Ministro Mastella ha dedicato alla legislazione europea nel delineare le linee programmatiche.
E passiamo all'ambito processuale, al giusto processo, all'attuazione dell'art. 111 della Costituzione, al processo che sappia coniugare il diritto al contraddittorio con quello ad un processo in tempi ragionevoli.
Anche su questo terreno nel convegno di Roma di un anno fa lanciammo alcune indicazioni di modifiche urgenti e prioritarie.
Maggiori fondi per la giustizia.
Salvaguardia e attuazione del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale.
Abrogazione di tutti i riti direttissimi "speciali".
Rafforzamento del diritto dell'imputato a conoscere e partecipare al processo a partire dalla riforma delle norme sull'elezione di domicilio che oggi decuplicano i processi in contumacia e decuplicano i processi dibattimentali a scapito dei riti alternativi.
Revisione delle norme sulla traduzione degli atti e sull'interprete, visto il numero di procedimenti contro persone che non conoscono sufficientemente la lingua italiana.
Costruzione di forme di risposta ai diritti delle vittime del reato in ambiti extrapenali.
Non esisteva ancora all'epoca la cosiddetta legge Pecorella sulle impugnazioni, altrimenti avremmo certamente indicato anche questo come un terreno prioritario di riforma.
Attenzione, però, vi è chi, nell'area culturale del centrosinistra, ha acutamente rilevato che nei vari sistemi giudiziari ad un processo robustamente garantito in primo grado corrisponde un'esclusione o una forte limitazione del grado d'appello. Si pensi, per rimanere in Europa, per esempio al sistema tedesco che, cosa stupefacente per noi, prevede l'appello solo per i reati meno gravi, perchè solo in questo caso vi è un giudizio di primo grado in qualche modo ritenuto "sommario". Qualcuno ne ha dedotto che anche da noi questa è la strada da percorrere.
Non credo che si possa dire che noi abbiamo un processo di primo grado "robustamente garantito", almeno in tutti i casi in cui il giudizio è affidato ad un giudice monocratico, e non credo che si possa dire che nel nostro sistema sia in generale nel primo grado robustamente regolata il momento della decisione sul quantum di pena da infliggere, tant'è che statisticamente in appello la maggior parte delle riforme ha a che fare proprio con il quantum della pena inflitta.
Sicuramente non possiamo pensare che la riforma Pecorella possa essere mantenuta lì dove nega a una delle parti del processo il potere di proporre appello e lì dove amplia a dismisura la valutazione in fatto nei giudizi di legittimità.
Anche nel campo processuale abbiamo trovato che molte delle indicazioni contenute nel programma dell'Unione vanno in questa direzione, sebbene l'accento posto sul principio della durata ragionevole del processo sembra privilegiare l'efficienza alla garanzia.
Sappiamo, e ce l'ha ribadito proprio pochi giorni fa l'Europa, che abbiamo un processo dai tempi disumani - disumanità che, peraltro, non manca per converso nemmeno in quel processo che si consuma in un batter d'occhio con il rito dell'arresto, convalida d'arresto e procedimento per direttissima.
Non possiamo pensare di riuscire a ridurre i tempi se non si riducono i processi. E questo vuol dire, innanzitutto, nuovo codice penale. Sappiamo che maggiori poteri all'indagato nella fase delle indagini preliminari e nella fase dell'udienza preliminare vuol dire maggiore possibilità di giungere all'archiviazione o alla definizione anticipata di moltissimi procedimenti.
E veniamo ad un primo bilancio delle iniziative di questa maggioranza.
Mastella ha detto nella sua comunicazione sulle linee programmatiche: "Anche il processo penale necessita di interventi volti a garantire il rispetto del canone costituzionale della durata ragionevole; gli interventi possono riguardare la sospensione della prescrizione in caso di sentenza di condanna per evitare impugnazioni proposte a solo scopo dilatorio, l'abolizione del deposito degli atti previsto dall'art. 415 bis del codice di rito per i processi in cui è prevista l'udienza preliminare essendosi tale udienza strutturata in modo diverso secondo la riforma, la modifica del processo contumaciale, salvo il diritto al silenzio dell'imputato. Queste proposte che, unitamente ad una ragionevole razionalizzazione del regime delle nullità da tutti riconosciuto eccessivo, e del recupero degli atti per fasi di processo, possono conseguire un forte risparmio di tempi e risorse, senza comprimere le garanzie per l'indagato e per l'imputato, ed anzi rafforzando i diritti dei soggetti coinvolti. A tali interventi è mia intenzione abbinare una limitata riforma delle impugnazioni nel processo penale, in modo da rendere il sistema meglio ispirato, in ogni stato e grado, al principio del contraddittorio e dell'effettiva parità delle parti."
Dobbiamo dire, e l'abbiamo detto, che uno dei primi atti, uno dei più importanti finora, del governo è andato in direzione contraria. Penso al decreto Bersani, al taglio alle spese della giustizia, alla nuova regolamentazione delle spese di giustizia che disincentiva gli avvocati a difendere chi ha diritto al gratuito patrocinio ( e alla prima sciagurata circolare ministeriale che ha di fatto bloccato tutti i pagamenti).
Dobbiamo dire che nel primo momento topico in cui si è pensato e legiferato su un problema processuale - il decreto sulle intercettazioni illegali - abbiamo visto qualcosa che non avremmo voluto vedere. Un decreto palesemente incostituzionale lì dove affidava al pubblico ministero compiti propri del giudice. Un decreto che non teneva in minimo conto la complessità degli intrecci processuali che si andavano a creare. Un dibattito sulla modifica al decreto che ha avuto ed ha connotazioni surreali. Insomma la riedizione di cose tristemente già viste.
Dobbiamo dire che le parole del Ministro Mastella sul processo penale non ci piacciono perchè delineano riforme tutte e solo tese ad eliminare garanzie e non è questa la strada per raggiungere l'obiettivo del processo di ragionevole durata.