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Le R.S.U. del Tribunale e della Corte d'Appello di Trento nel testo dell'intervento alla tavola rotonda promossa dall'A.N.M. in data 5 novembre 2003 fanno il punto si problemi concreti che affliggono quotidianamente la giustizia.
Partecipiamo all'iniziativa promossa nella giornata odierna dall'Associazione Nazionale Magistrati per manifestare la nostra attenzione riguardo la proposta di riforma dell'ordinamento giudiziario approvata lo scorso settembre dalla Commissione Giustizia della Camera.
La nostra presenza qui, oggi, nel momento di crisi che attraversa il rapporto tra giustizia e politica, assume un valore di testimonianza dell'impegno che il personale dell'amministrazione della Giustizia spende quotidianamente per garantire il buon andamento delle attività dell'istituzione nella quale opera tra costanti difficoltà.
Tale impegno è messo sempre più a dura prova dall'applicazione di riforme legislative strutturali a costo zero (fra queste v. riforma del giudice unico, competenze del giudice di pace in materia penale, T.U. in materia di spese di giustizia) che minacciano la nostra capacità di tenuta operativa e professionale e che hanno comportato significativi effetti sull'organizzazione del lavoro negli uffici giudiziari, non supportati da adeguati investimenti in strumenti tecnologici e formativi.
E purtroppo alle questioni poste dalle rappresentanze sindacali sui problemi del personale giudiziario, l'amministrazione non ha fornito risposte adeguate.
In questa sede è sicuramente opportuno riepilogare alcune vicende emblematiche.
1. Durante la precedente stagione contrattuale 98/2001, sono stati previsti processi di innovazione e di ammodernamento nel sistema dei servizi della giustizia.
Il modello organizzativo è fondato sulla professionalità e sull'efficienza mediante un coinvolgimento delle varie figure professionali in una forte prospettiva di riqualificazione. Questo processo ha subito una battuta d'arresto attraverso la sospensione delle procedure per l'attuazione delle previsioni del Contratto Integrativo del Ministero della Giustizia in materia di riqualificazione professionale.
Tale situazione è stata solo di recente superata mediante la sigla dell'accordo del 14 ottobre scorso che ha sancito la ripresa dei percorsi lasciando sul terreno comunque, il costo di tre anni d'attesa durante i quali si è diffuso un clima di logoramento delle aspettative .
2. La grave carenza degli organici (6542 le unità mancanti su scala nazionale); la mancata stabilizzazione, da sette anni, dei circa 1800 lavoratori a tempo determinato (ex LSU); il continuo ricorso al lavoro temporaneo; tutto questo si ripercuote in termini di aggravamento delle condizioni di lavoro in relazione alla sostenibilità, in particolare per molte sedi giudiziarie del Nord, dei livelli e delle modalità delle prestazioni attualmente erogate.
Tale problema investe gli uffici in modo ormai generalizzato in quanto anche le sedi maggiormente coperte sono costrette sempre più di frequente a cedere personale in applicazione verso sedi più sguarnite.
3. Assolutamente insufficienti gli interventi per un ammodernamento dell'organizzazione del lavoro.
In proposito non vi è solo un problema di fornitura di mezzi tecnologici ed informatici. Gran parte degli uffici ( ma non in molti Uffici N.E.P. organizzati ancora con registri cartacei ) è dotata oggi di p.c. e di applicazioni informatiche, tuttavia è necessario un mutamento di approccio all'utilizzo delle nuove tecnologie.
Introdurre un'organizzazione fondata sull'automazione comporta semplificazione e snellimento solo se le informazioni possono correre, essere riutilizzate, interscambiate, integrate.
Questo richiede stanziamenti di fondi per l'acquisto dei software necessari, stanziamenti che devono essere tempestivi.
Dobbiamo con rammarico prendere atto che oggi avviene proprio il contrario.
Nella maggior parte dei casi, le applicazioni in uso consentono solo l'interscambio del flusso di informazioni all'interno delle varie fasi del procedimento. Decine di archivi non comunicanti sono l'esatto equivalente degli archivi e registri di venti anni fa. Dal che discende una dispersione di energie e di tempi che accentuano l'esasperazione dei livelli di burocratizzazione con conseguente frustrazione delle aspirazioni del personale ad una professionalità avanzata.
In questo senso è emblematica la vicenda del T.U. in materia di spese di giustizia (DP.R. 115/02) che ha trasferito competenze e responsabilità contabili dal Ministero delle Finanze al Ministero della Giustizia.
Concepito per razionalizzare la materia nell'ottica della semplificazione, rivela i suoi limiti più evidenti nell'emanazione dei nuovi registri previsti per l'annotazione delle varie funzioni connesse a tale voce.
Il senso del T.U. era apprezzabile in quanto ispirato ad una centralizzazione informatizzata dei dati che avrebbe consentito a ciascun ufficio di accedere agli stessi attraverso un unico archivio informatizzato.
Bene, ad un anno di distanza questo percorso non è stato neanche sperimentato. Il risultato è che i nuovi registri stabiliti dal decreto ministeriale del 28/5/2003 lungi dall'essere costruiti in formato elettronico sono stati concepiti in forma cartacea.
Un esito dai profili talmente ridicoli da meritare anche un articolo apparso il 7/8/2003 sul Corriere della Sera a firma di Gian Antonio Stella. Quest'ultimo descrive la mirabile creazione messa a punto dal ministero della Giustizia: "Un registro che, aperto, misura 40 centimetri di altezza per un metro e 40 di larghezza. Degno erede dei ciclopici libri medievali che venivano portati a dorso di mulo....L'estroso funzionario ottocentesco che lo ha inventato, presumibilmente lisciandosi i baffi di capecchio a manubrio e carezzandosi la chioma composta nella retina, l'ha battezzato fantasiosamente «1/A/SG».Spiegano gli esperti, tuttavia, che altro non è, ' sto po' pò di massa cartacea rilegata, che l'erede del Modello 12, il «Registro delle spese erogate dall'erario»."
Constatiamo, con amarezza, che l'attuazione delle riforme strutturali avvenuta a costo zero si è scaricata sulle spalle dei lavoratori, i quali non godono attualmente neanche di adeguate tutele in ordine all'aumento di responsabilità e di rischi professionali.
In questa poco entusiasmante situazione merita una riflessione la relazione tra magistrati e nuova organizzazione del lavoro.
Al proposito, crediamo che la formazione debba supportare una diversa organizzazione delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie che non sia più meramente incentrata sui servizi connessi alla tenuta dei registri di cancelleria, ma agisca come servizio ausiliario di supporto tecnico qualificato alla funzione del giudice, in modo da superare l'attuale scollamento tra l'attività del magistrato e del personale amministrativo.
In questi termini la proposta avanzata nell'ambito del C. S. M. di costituzione di un ufficio del giudice andrebbe a nostro avviso ridiscussa e approfondita.
Riteniamo che la riorganizzazione delle cancellerie, quali strutture di servizio attrezzate con figure professionali con compiti di responsabilità nella applicazione del sistema informativo, di coordinamento, studio e ricerca, possa rispondere alle esigenze rappresentate dai magistrati in ordine alla individuazione di professionalità addette alla assistenza qualificata alla funzione giurisdizionale.
In tale contesto, esprimiamo un netto dissenso dalla ipotesi prefigurata nell'emendamento Caruso approvato nella seduta del 29 Luglio dalla Commissione Giustizia del Senato per l'istituzione di una figura professionale ausiliaria del giudice.
L'ipotesi, ricordiamo, prevede 2250 assunzioni con un contratto di due anni prorogabile per altri due con il compito di coadiuvare il giudice nelle ricerche giurisprudenziali, di organizzazione del lavoro in vista dell'udienza e successivamente allo svolgimento della stessa. Una specie di segretario/a evoluto con un contratto privato da un migliaio di euro al mese per tredici mensilità che però non sia un cancelliere, pur lavorandovi al fianco. L'introduzione di una figura di tal sorta, oltre che rappresentare una indebita incursione legislativa in una materia riservata alla contrattazione collettiva, rischia di creare ancora più confusione e di produrre un solco incolmabile tra le varie professionalità.
4. Ultime, ma non ultime, le questioni dell'ambiente e sicurezza nei luoghi di lavoro e delle relazioni sindacali .
La precarietà e la inadeguatezza di molte sedi di uffici giudiziari sotto il profilo dell'igiene, salubrità e sicurezza sul lavoro accentua i profili di gravosità delle prestazioni. Presenza di barriere architettoniche, archivi fatiscenti, assenza di climatizzazione nei periodi di elevate temperature estive, costituiscono circostanze comuni alla gran parte degli uffici ed il personale già oberato da pesanti carichi di lavoro è costretto ad operare in condizioni talvolta molto difficili.
I tagli alle spese delle pubbliche amministrazioni derivanti dalle manovre finanziarie degli ultimi anni che incidono, tra l'altro, nel settore penale sui contratti per la fornitura del servizio di stenotipia esponendo il personale di assistenza a prestazioni gravose nella durata e nelle modalità, non lasciano prevedere soluzioni a breve confortanti .
Quanto alle relazioni sindacali, riteniamo fondamentale la concertazione, avviata in questa come in altre pubbliche amministrazioni di seguito alla riforma attuata con il D.lgs 29/93 e succ. modifiche che ha sancito la privatizzazione del rapporto di lavoro.
Questo costituisce un fattore di progresso nel contemperamento dell'interesse dei dipendenti al miglioramento delle condizioni di lavoro e alla crescita professionale, con l'esigenza dell'amministrazione di incrementare l'efficacia e l'efficienza dei servizi erogati.
Scontiamo però ancora la scarsa o scarsissima disponibilità di molti dirigenti e capi degli uffici al confronto con le RSU in ordine alle materie oggetto di contrattazione.
Tale atteggiamento è frutto evidente non solo di una disabitudine a considerare le relazioni sindacali parte necessaria del processo di ammodernamento dell'intero sistema, ma anche di un mancato riconoscimento del ruolo di controparte per le materie previste dal Contratto Collettivo N. .L.
Evidenziamo che nel ministero della Giustizia, sono presenti da una parte il Dirigente Amministrativo, legato al raggiungimento di obiettivi ma di fatto privo di potere decisionale e organizzativo e dall'altra il Magistrato-Capo dell'Ufficio , che per il ruolo istituzionale che riveste, non sempre dimostra particolare interesse alla gestione del personale o al raggiungimento di obiettivi specifici.
Ciò determina una confusione di ruoli e di identificazione di responsabilità da cui derivano difficoltà organizzative e di progettualità.
Infine rileviamo la scarsissima attività volta alla formazione del personale a cui si chiede, peraltro, di adeguarsi rapidamente alle nuove riforme.
Questo stato di cose merita una attenta riflessione in quanto non è possibile pensare ad un'amministrazione della giustizia flessibile, rispondente all'esigenze dell'utenza, con una magistratura efficace che possa esprimere al meglio il ruolo istituzionale che le compete, senza risolvere i problemi degli operatori tutti con unità di intenti per il perseguimento del medesimo fine.
Pubblicato da GD Rovereto 19-12-2003 21:22
"E' compito dello Stato quello di organizzare il sistema giudiziario in modo tale che le proprie giurisdizioni possano garantire a ciascuno il diritto di ottenere una decisione definitiva in un termine ragionevole.
Non lo diciamo solo noi. Lo ha affermato in questi esatti termini la Corte europea dei diritti dell'uomo, il 16 ottobre 2003, e lo impone la nostra Costituzione."
Dall'intervento alla Assemblea dell'Anm del 22.11.2003 di Fiorella Pilato. Versione integrale (fare un copia incolla nella barra degli indirizzi di tutto il testo che segue):http://www.magistraturademocratica.it/attivita/dettaglioattivita.php?id=247