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 Diritto di voto per i migranti - Roberto Faure

Pubblicato da Redazione 11-10-2003 14:05
 

Note giuridiche di Roberto Faure a sostegno della possibilità per i singoli comuni di modificare il proprio statuto e prevedere il diritto di voto alle elezioni amministrative per i cittadini extracomunitari. Le note sono state redatte in preparazione dell'iniziativa del consiglio comunale di Genova che ha proprio in tal senso modificato il proprio statuto. Nell'allegato la delibera approvata a Genova.

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Le seguenti note riguardano la possibilità giuridica di attribuire l'elettorato amministrativo attivo e passivo agli stranieri residenti nell'ente locale territoriale e nel paese in generale.
Senza pretesa di completezza, si vuol far riferimento, tra l'altro, al nuovo quadro normativo determinato dalla modifica del titolo V della costituzione e dalla recente legislazione sulla condizione giuridica dello straniero, nonchè dai vincoli internazionali assunti dall'Italia.
Prendiamo le mosse dalla parziale modifica della gerarchia delle fonti, di cui la dottrina giuridica ha preso atto.

1) I regolamenti e (a fortiori) gli Statuti Comunali sono fonti sub primarie (Man. di dir. Pubb, CASSESE + 4, Milano, 2001, ed. Giuffrè, pag. 22) "con la stessa forza legislativa di quelle primarie ... vincolate nel loro contenuto alla osservanza dei principi delle norme primarie".

1) Sui "principi delle norme primarie" in materia di diritto di voto degli stranieri:

- Non è "principio della legge" la riserva del voto ai soli italiani alle elezioni amministrative (vincolante per le fonti sub-primarie), infatti votano in Italia i cittadini della Unione Europea nelle elezioni amministrative.;

-Art. 6 Dec .Lgs. 267/2000, T.U.E.L., lo Statuto deve specificare "... le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze ... della partecipazione popolare ...". Nella comune accezione, il voto è una delle più rilevanti forme di partecipazione; d'altro canto una interpretazione attuale del termine minoranze non può non includere gli immigrati, in Italia come in ogni paese.

- Art. 8 Dec .Lgs. 267/2000, T.U.E.L. anzidetto, comma 5: "Lo statuto, ispirandosi ai princìpi di cui alla legge 8 marzo 1994, n. 203, e al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, promuove forme di partecipazione alla vita pubblica locale dei cittadini dell'Unione europea e degli stranieri regolarmente
soggiornanti.": sui "principi di cui ... al decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286" si richiama quanto infra riguardo l'art. 9 del D. Lgs. 286/1998; se il richiamo al T.U. sull'immigrazione Dec. Lgs. 286/1998 non vuole essere ridondante, ma frutto di volontà espansiva dei diritti dell'uomo com'è programma costituzionale (art. 2 Cost.), è inevitabile interpretare la norma come riferita al voto degli stranieri.

-Il Decr. Legisl. 268/1998 anche come modificato prevede per gli immigrati "pari diritti" etc., nonché la partecipazione alla vita pubblica locale.

- L'art. 9 del Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), prevede espressamente il diritto di voto per gli stranieri extra UE.
"Art. 9.
Carta di soggiorno.
(...)
comma 4. Oltre a quanto previsto per lo straniero regolarmente
soggiornante nel territorio dello Stato, il titolare della carta di
soggiorno può:
(...)
d) partecipare alla vita pubblica locale, esercitando anche
l'elettorato quando previsto dall'ordinamento e in armonia con le
previsioni del capitolo C della Convenzione sulla partecipazione
degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a
Strasburgo il 5 febbraio 1992."


2) Sull'efficacia della Convenzione di Strasburgo.
L'art. 9 del Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 ammette il diritto di voto "quando previsto dall'ordinamento", senza rinvii ad una particolare fonte normativa, e quindi anche allo Statuto dell'ente locale.
La norma fa proprio il contenuto della Convenzione di Strasburgo richiamata; dà efficacia pertanto al principio contenuto nella Convenzione direttamente, senza cenni al suo recepimento totale o parziale. In altro senso l'art. 9 costituisce ordine di esecuzione del "capitolo C".
Inoltre il nuovo testo del comma 1 art. 117 Costituzione ("La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. "), fa riferimento e da applicazione ad un principio di diretta efficacia per le fonti normative interne degli obblighi internazionali e quindi dei trattati senza eccezione; ciò modifica il precedente regime che prevedeva l'automatica cogenza delle sole "norme del diritto internazionale generalmente riconosciute" ex art. 10 Costituzione comma 1. L'italia ha aderito alla convenzione di Strasburgo che prevede l'elettorato per gli stranieri.




3) Sui limiti costituzionali:
Art. 48 Cost. "Sono elettori tutti i cittadini ...";Il termine "tutti i cittadini" non esclude l'estensione del diritto ai non cittadini; da una norma attributiva di diritti non può trarsi un divieto di riconoscimento del medesimo diritto a soggetti diversi da quelli contemplati espressamente.
In tal senso conduce inoltre altra norma in materia di diritti politici, l'art. 49 Cost.
"Art. 49: Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale". Nessuno ha mai dubitato del diritto degli immigrati ad iscriversi ai partiti politici ed a svolgervi attività conseguente.

"Art. 51. Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge " (stesse considerazioni per quanto esposto con riferimento all'art. 49; con riguardo all'argomento dell'assenza di limiti costituzionali al diritto di voto per gli stranieri, la riserva sui "requisiti" comporta che la legge e le fonti di rango primario possono ammettere gli stranieri agli uffici pubblici e alle cariche elettive).

Riguardo la prevedibile obiezione fondata sull'art. 117 comma 2 lettera p) della Costituzione: la "legislazione elettorale ..." riservata allo Stato in via esclusiva, per comune accezione, anche tecnica, è la normativa riguardante l'esercizio materiale del diritto di voto, cioè la legislazione in dettaglio che stabilisce il metodo (maggioritario, proporzionale etc.) adottato, la tenuta delle liste degli elettori, i confini delle circoscrizioni, il metodo di attribuzione dei seggi, etc. Il diritto di voto è altresì regolato da norme specifiche, qule l'art. 48 Cost. Non a caso l'estensione del diritto in questione ai cittadini residenti all'estero è stata inserita nell'art. 48 Cost.

4) Sui poteri statutari degli Enti Locali.
Il nuovo testo dell'art.114 Cost. comma secondo ("I Comuni, Le provincie, Le Città Metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione"), interpretato letteralmente porta ad escludere il limite della legislazione ordinaria al contenuto degli Statuti Comunali e Provinciali.
Pertanto solo la Corte Costituzionale potrebbe sindacare il contenuto degli Statuti Comunali o Provinciali.

5) Principi Costituzionali in favore dell'estensione.
- Il principio democratico o dell'autogoverno impone l'adeguamento del concetto di popolo alla realtà attuale dell'emigrazione nel nostro paese come in tutto il mondo. Tale principio permea ed informa tutta la Costituzione, ne costituisce l'apertura (art.1).
- La legge c.d. Bossi Fini del 2002 introduce o meglio aggrava un generale principio di ammissibilità al permesso di soggiorno solo per chi lavora in Italia.
Pertanto soltanto chi lavora regolarmente e versa inevitabilmente tasse, imposte e contributi puo risiedere legittimamente in italia.
Certamente vige nella nostra Costituzione materiale ed è comunque diritto inviolabile dell'uomo cogente ex art. 2 Costituzione il principio no taxation without representation (che trova inoltre espressione nell'art. 23 Cost.); tale principio è inoltre storicamente fondativo del concetto stesso di Costituzione, a base della Rivoluzione americana che sfociò nella Costituzione tuttora vigente negli USA.
Tale norma impone che gli stranieri residenti secondo la legge, che pagano inevitabilmente i tributi sul reddito e versano i contributi previdenziali ed assistenziali obbligatori, debbano essere rappresentati politicamente negli organi elettivi.

Roberto Faure, settembre 2003

Il Consiglio di Stato sul diritto di voto per i migranti

Pubblicato da Redazione 13-09-2004 10:57

Consiglio di Stato - Adunanza - parere 28 luglio 2004, n. 8007
Presidente Santoro - Estensore Borea


Oggetto: Regione Emilia-Romagna; quesito sull'ammissibilità all'elettorato attivo e passivo, nelle circoscrizioni comunali, degli stranieri extracomunitari residenti (articoli 8 e 17 Tu D.Lgs 267/00, Tu delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, ed articolo 50 Statuto Comune di Forlì)


Premesso


Il Presidente della Regione Emilia-Romagna riferisce che l'articolo 50 dello Statuto del Comune di Forlì, approvato con delibera del C. C. in data 9 aprile 2001, prevede l'estensione dell'elettorato delle circoscrizioni di cui all'articolo 8 del D.Lgs 267/00 (Tu sull'ordinamento degli Enti locali) agli stranieri residenti, ma che la relativa disposizione è stata da ultimo transitoriamente sospesa nei suoi effetti con delibera consiliare del 12 gennaio 2004, a seguito di avviso contrario del ministero dell'Interno su quesito posto sul punto da altro Comune. Nelle more, interpellato dall'Ufficio territoriale del Governo di Forlì-Cesena, il suddetto Ministero, con nota 16 gennaio 2004, ha ribadito il proprio orientamento negativo con riguardo specifico alla citata disposizione contenuta nello Statuto del Comune di Forlì.
Sull'argomento il ministero dell'Interno, Dipartimento per gli Affari interni e territoriali - Direzione centrale dei servizi elettorali, ha poi emanato la circolare Miaitse n. 4/2004 prot. 200400250 fasc. 15600/779 del 22 gennaio 2004, avente ad oggetto "Elettorato attivo e passivo ai cittadini extracomunitari", in cui è stato ribadito l'orientamento negativo circa la possibilità, in generale, di riconoscere a tali soggetti il diritto di voto per l'elezione del Sindaco e del Consiglio del Comune e della Circoscrizione nonché di essere eleggibili a consiglieri o nominati componenti della Giunta.
Nel fare proprie le argomentazioni svolte in proposito dal suddetto Comune, la Regione richiedente, dopo aver sottolineato la rilevanza giuridica e l'importanza politico-istituzionale del problema, esprime l'avviso che sia da condividere l'interpretazione "aperta" fornita dal Comune, fondata essenzialmente sulle disposizioni contenute negli articoli 8 e 17 del citato Tu, laddove, in generale (articolo 8), si valorizzano e s'incoraggiano, anche su base di quartiere o di frazione, le forme di partecipazione popolare all'amministrazione locale, ed, in particolare (articolo 17) si puntualizza, in armonia con la ratio partecipativa di cui sopra, che gli organi delle circoscrizioni di decentramento comunale «rappresentano le esigenze delle popolazioni delle circoscrizioni nell'ambito dell'unità del Comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo statuto e dal regolamento».
Obietta il Ministero che le disposizioni richiamate consentono, al più, la formazione di appositi organi di supporto degli organi di governo locale rappresentativi degli interessi degli stranieri residenti, quali "consulte degli stranieri", con compiti consultivi e propositivi, ma sempre privi di diritto di voto, ovvero anche la partecipazione ai referendum consultivi locali di cui all'articolo 8 Tu, comma 3, ma non possono essere intese nel senso di dare libero accesso all'elettorato a favore degli stranieri, a ciò ostando le norme costituzionali che il relativo diritto riservano ai cittadini (articoli 48 e 51), ai quali soltanto spetta l'esercizio di funzioni politiche e di funzioni pubbliche.
Da parte sua il Comune di Forlì, come risulta da un parere in merito reso dal Segretario generale e condiviso dalla Giunta, richiamato il fatto che gli organi circoscrizionali rappresentano la popolazione tutta e sono eletti nelle forme stabilite dallo statuto, ritiene che il corpo elettorale in questo caso coincida con la popolazione del Comune, stranieri residenti compresi, e che la norma rimetta alla volontà statuaria l'individuazione dei soggetti titolari dell'elettorato attivo e passivo. Né a tale ricostruzione, si prosegue, ostano principi costituzionali, dato che il nuovo articolo 117,
comma 2, lettera p), prevede la legislazione esclusiva dello Stato in materia di organi di governo degli enti locali, e tali non sarebbero i consigli circoscrizionali, per i quali il Tu rinvia agli statuti comunali, la cui natura di fonte primaria equiordinata alle leggi ordinarie e soggetta soltanto ai principi della Costituzione, tra i quali quello della cosiddetta autonomia normativa degli Enti locali, è sancita dal nuovo articolo 114.


Considerato


Ritiene la Sezione che al quesito posto dalla Regione Emilia-Romagna, sia pur con le precisazioni ed i suggerimenti che in via conclusiva si ritiene di poter proporre, possa darsi risposta nel senso indicato dalla stessa Regione e dal Comune di Forlì, al quale si deve l'impulso iniziale che ha portato alla richiesta di parere a questo Consiglio.
Ritiene cioè la Sezione che l'attribuzione agli stranieri extracomunitari residenti del diritto di elettorato attivo e passivo ai fini della costituzione dei consigli circoscrizionali di cui all'articolo 17 Tu 267/00, così come disposto dall'articolo 50 dello statuto del Comune di Forlì, sia de plano consentita dalle disposizioni di legge ordinaria di cui al citato articolo 17, e non trovi ostacolo insormontabile nelle norme e nei principi costituzionali che disciplinano la materia.
Quanto alle disposizioni di legge ordinaria, il comma 4 del citato articolo 17 recita testualmente: «Gli organi delle circoscrizioni rappresentano le esigenze della popolazione delle circoscrizioni nell'ambito dell'unità del Comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo Statuto e dal regolamento». Il termine "popolazione", raccordato con il principio di "partecipazione popolare" in base al quale il precedente articolo 8 prevede che «i Comuni, anche su base di quartiere o di frazione promuovono organismi di partecipazione popolare all'amministrazione locale», implica chiaramente, nella sua onnicomprensività, che di essa fanno parte tutti i residenti, cittadini e non, ivi compresi cioè gli stranieri che, per ragioni di lavoro, vivono stabilmente nel territorio comunale e sono quindi pienamente legittimati, al pari dei cittadini, a far valere di fronte alle istituzioni le proprie particolari esigenze connesse con il loro radicamento nel territorio.
Inoltre, con una disposizione di natura procedurale finalizzata a rendere effettiva la prevista partecipazione popolare, il citato comma 4 demanda all'autonomia statutaria le forme e le modalità elettorali: così definendosi compiutamente la fattispecie.
Conclusione questa che trova in sostanza concorde anche il ministero dell'Interno nella nota 16 gennaio 2004 sopra ricordata, nota nella quale, se pur pervenendosi a conclusioni negative sulla questione che qui interessa sulla base di altre considerazioni sulle quali ci si dovrà presto soffermare, si ammette che gli stranieri residenti nel territorio italiano, oltre ad avere il diritto alla libertà di espressione, di associazione e di riunione, hanno altresì il diritto di far valere la propria voce presso gli organi di governo delle collettività locali, secondo varie modalità già in concreto realizzatesi di fatto, quali ad esempio le "consulte comunali di stranieri", la previsione di "consiglieri comunali aggiunti", l'accesso ai referendum di cui all'articolo 8, comma 3, Tu cit. ed è particolarmente significativo, a tale ultimo proposito, il fatto che anche il Ministero concordi nel ritenere onnicomprensivo nel senso sopra visto il termine "popolazione", che anche il comma 3 cit. utilizza ai fini referendari.
Non è del resto privo di significato il disposto dell'articolo 9 del D.Lgs 286/98 (Tu delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), il cui quarto comma, nell'ammettere esplicitamente che, «oltre a quanto previsto per lo straniero regolarmente soggiornare nel territorio dello Stato, il titolare della carta di soggiorno può: partecipare alla vita pubblica locale, esercitando anche l'elettorato quando previsto dall'ordinamento e in armonia con le previsioni del capitolo C della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992», ha introdotto nell'ordinamento un principio del tutto conforme a quello affermato dalla Regione Emilia-Romagna e dal Comune di Forlì.
Più delicato discorso richiede la verifica di compatibilità costituzionale della previsione contenuta nell'articolo 50 dello Statuto del Comune di Forlì.
È indubbia la consistenza dell'obiezione di fondo mossa dal Ministero sul punto, ove si ricorda che gli articoli 48 e 51 della Costituzione riservano ai cittadini il diritto di elettorato attivo e passivo, nonché l'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive.
Ritiene peraltro la Sezione, diversamente opinando rispetto alle conclusioni cui perviene il ministero dell'Interno, che l'obiezione mossa non sia insuperabile.
In primo luogo, si osserva che la norma statutaria in esame riguarda (soltanto) l'elezione degli organi comunali circoscrizionali, ovvero di organi ai quali il più volte ricordato articolo 17 del Tu attribuisce compiti esclusivamente partecipativi e consultivi, oltre alla gestione dei servizi di base (ad es. asili nido, giardini, campi sportivi, ed altre analoghe opere di urbanizzazione primaria e secondaria), con esclusione quindi di qualsiasi funzione politica e di governo, ovvero di funzioni che implichino scelte di fondo sulla valutazione comparazione degli interessi delle varie componenti della collettività di quartiere o di frazione che nella circoscrizione si identifica.
Nemmeno si può ritenere che il ristretto e minimale ambito di competenze che la legge riserva ai consigli circoscrizionali possa dar vita all'espletamento di determinate pubbliche funzioni, di natura tale da doversi ritenere precluse ai non cittadini.
Al riguardo non può non ricordarsi che il D.Lgs 165/01 (recante «norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche»), all'articolo 38 (accesso dei cittadini degli Stati membri dell'Ue), secondo comma, nel prevedere che «con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 17 della legge 400/88, e successive modificazioni ed integrazioni, sono individuati i posti e le funzioni per i quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana, nonché i requisiti indispensabili all'accesso dei cittadini di cui al comma 1», attribuisce evidente carattere di specificità ed eccezionalità alla categoria di posti e funzioni preclusi ai non cittadini, la cui consistenza non potrebbe dunque stabilirsi esclusivamente in via interpretativa od addirittura analogica, prescindendo dall'individuazione attraverso il Dpcm ivi indicato.
Vero è che secondo l'articolo 17 del Tu, anche le circoscrizioni possono esercitare funzioni delegate dal Comune. Non sembra peraltro che debba ricondursi ad esercizio di pubbliche funzioni in senso pieno, l'eventuale adozione di delibere concernenti l'espletamento di pubbliche gare per lavori, servizi o forniture ovvero la stipula di contratti, connesso alla gestione dei servizi di base. Tali attività infatti, a quanto risulta nella prassi sono in via di delega affidate alle circoscrizioni per gli ambiti territoriali di loro competenza (in questo senso del resto si muove anche l'articolo 51 dello Statuto forlivese, che prevede la delega per lavori pubblici, aree veri circoscrizionali, servizi comunali, opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ecc.). Le relative delibere, al pari degli atti di concreta attuazione delle medesime (indizione appalti, stipula contratti, ecc.), in base all'articolo 107 del Tu 267/00, sono infatti rimesse ai dirigenti, nell'esercizio della loro autonomia, per ciò che attiene ai poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo, e non possono prescindere dal rispetto dei criteri e delle norme dettati a monte dallo Statuto e dagli indirizzo politici voluti dagli organi di governo, quali il Sindaco, il Consiglio e la Giunta. Viceversa, i consigli circoscrizionali di tali indirizzi politici si configurano quindi meri esecutori a livello di quartiere, nell'immanenza, si ripete, del necessario filtro del controllo sulle delibere adottate da parte dei medesimi organi di governo. In materia di parchi e giardini, ad esempio, spetta pur sempre agli organi di governo la determinazione istitutiva, nel quadro delle scelte politiche tese ad assicurare, alla popolazione residente, il godimento di aree di gioco e di riposo. Parimenti, sempre agli organi di governo del Comune spetta l'individuazione delle aree da adibire a tale scopo, nell'ambito delle scelte di pianificazione dell'assetto del territorio: mentre resta affidata alla circoscrizione soltanto la gestione del singolo giardino o parco e delle relative attività complementari e gestionali (arredi, pulizia, ecc.).
Non si vede, quindi, quale vulnus ai principi costituzionali sanciti dai ricordati articoli 48 e 51, possa costituire la disposizione statutaria in esame del Comune di Forlì, dato che lo straniero elettore a livello circoscrizionale non è chiamato a determinare le scelte di fondo dell'ente, né tanto meno a dare vita ad una maggioranza di governo, ma soltanto a far valere le proprie esigenze in forma partecipativa e consultiva in materia di servizi di base, ferma restando nella competenza del Consiglio comunale e degli altri organi di governo la funzione di indirizzo e di controllo politico e amministrativo (articolo 42 Tu).
A conferma delle conclusioni raggiunte soccorre poi il fatto, in ciò condividendosi le argomentazioni svolte dal Comune di Forlì per voce del suo segretario generale in apposita relazione recepita dalla Giunta comunale il 7 ottobre 2003, che gli articoli 48 e 51 della Costituzione, sopra ricordati devono necessariamente essere riletti, per ciò che qui interessa, alla luce della previsione contenuta nel nuovo articolo 117 Costituzione, comma 2 lettera p), ove si prevede la competenza legislativa esclusiva dello Stato con riguardo a «legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane».
Ora, tenuto conto, da un lato, del principio, sancito poco oltre nello stesso articolo 117, comma 4, secondo il quale è esclusa la riserva allo Stato ove non espressamente prevista, e, dall'altro, dell'autonomia statutaria e organizzatori assicurata ai comuni dall'articolo 114, nel rispetto dei principi fissati dalla Costituzione, è da condividere la lettura fornita dal Comune di Forlì, secondo cui la riserva alla legislazione statale in materia si esaurisce nella disciplina elettorale concernente gli organi di governo e le funzioni fondamentali degli enti locali: organi che, per i comuni, sono il Sindaco, il Consiglio e la Giunta, cui spetta lo svolgimento delle funzioni fondamentali con poteri di rappresentanza, coordinamento e indirizzo politico-amministrativo. Non rientrano dunque, in tale competenza riservata allo Stato, le modalità di composizione degli organi delle circoscrizioni, ivi compresa l'individuazione dei soggetti destinatari della capacità elettorale, che sono oggetto viceversa della competenza statutaria nell'esercizio dell'autonomia sancita dall'articolo 114. Autonomia, si osserva, che in base alle modifiche introdotte al titolo V della Costituzione della legge costituzionale 3/2001, ha come parametro diretto soltanto le norme costituzionali ai sensi dell'articolo 114, essendo stato abrogato l'articolo 128, il quale prevedeva che «le province e i comuni sono enti autonomi nell'ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica».
Ferma, dunque, la piena operatività degli articoli 48 e 51 della Costituzione, che riservano ai cittadini l'elettorato attivo e passivo riferito agli organi di governo, tra l'altro, dei comuni, nulla sembra impedire che gli statuti comunali prevedano il diritto di far valere la propria voce anche a favore di quella parte della popolazione costituita dagli stranieri stabilmente radicati nel territorio, limitatamente a quei particolari organi sub-comunali quali sono le circoscrizioni, istituite per offrire alla popolazione tutta idonei strumenti per realizzare una più stretta collaborazione e partecipazione nella gestione dei servizi di base di cui essa è destinataria.
Nei sensi sopra espressi è il parere della Sezione, la quale peraltro ritiene opportuno, ad integrazione delle conclusioni raggiunte, aggiungere alcune puntualizzazioni e suggerimenti con riguardo al possibile miglioramento del tenore della norma in proposito contenuta nell'articolo 50 dello Statuto del Comune di Forlì.
In vista dell'evidente esigenza di garantire l'elettorato soltanto agli stranieri di cui sia certa, al di là di ogni dubbio, la duratura permanenza sul territorio, sembra innanzi tutto troppo breve il periodo previsto di tre e due anni (rispettivamente per l'elettorato passivo e attivo) di residenza, ritenendosi dunque preferibile di elevarlo a 6 o più anni, in armonia con il termine previsto dall'articolo 9, comma 1, del D.Lgs 286/98, nel testo modificato con legge 189/02 (cosiddetta legge Bossi-Fini) per poter chiedere la carta di soggiorno, che viene rilasciata a tempo indeterminato proprio in presenza dei presupposti che fanno supporre un duraturo radicamento sul territorio. In secondo luogo, sembra opportuno precisare preventivamente, con eventuale rinvio ad apposito regolamento, sulla base di quali criteri, il più possibile oggettivi, si intenda accertare l'effettività della permanenza sul territorio, ad es. a seconda del tipo di lavoro svolto (stagionale o meno, subordinato o meno, stanziale o ambulante), della composizione del nucleo familiare, dell'eventuale legame di parentela o con altri stranieri da tempo residenti ed eventualmente già in possesso della cittadinanza italiana, ovvero con cittadini italiani. Requisito importante sembra essere altresì una padronanza perfetta della lingua italiana, di per sé indicativa di un'ottimale volontà di integrazione e d'adattamento agli usi e costumi del paese che si è scelto per condurvi la propria esistenza. Per inciso, sembrerebbe poi opportuno limitare il diritto a favore dei soli stranieri in Italia per ragioni di lavoro, dovendosi ritenere, ad es., quanto meno dubbio l'effettivo radicamento sul territorio di coloro che vengono in Italia, soggiornandovi anche a lungo, per conseguire una laurea o altro titolo di studio, essendo viceversa ben possibile che gli interessati rientrino al paese d'origine al termine degli studi. Tanto più che, quanto meno in parte da ritenersi prevalente, i "servizi" di cui tali soggetti usufruiscono, in quanto attinenti alla loro qualità di studenti, non sembrano di competenza comunale. Una particolare attenzione pare poi, ovviamente, dovuta, con riguardo sempre al grado di stabile radicamento nel territorio, alla posizione dello straniero nei confronti dell'autorità di Ps (permesso e carta di soggiorno, cfr. il già ricordato articolo 9 D.Lgs 286/98 cit.).
Ancora, si ritiene che dovrebbe essere prevista qualche misura atta ad evitare che possa verificarsi, nel caso non impossibile di presenza nell'ambito circoscrizionale di insediamenti di cittadini stranieri particolarmente consistenti od addirittura maggioritari, un eccessivo squilibrio nei consigli circoscrizionali del rapporto tra italiani e stranieri, squilibrio che potrebbe dar vita a disagi e malumori capaci di pregiudicare o addirittura vanificare il voluto processo di integrazione della popolazione della circoscrizione nelle sue varie componenti. Ad esempio, si potrebbe introdurre una norma che riservi ad un cittadino italiano la carica di presidente del consiglio di circoscrizione.
Un'ultima osservazione: l'articolo 51 dello Statuto forlivese, già in precedenza ricordato, prevede che le deliberazioni dei consigli di circoscrizione (nell'esercizio di funzioni delegate) "sono a tutti gli effetti atti del Comune". In armonia con quanto in precedenza si è avuto occasione di osservare in ordine al principio per cui spetta agli organi di governo il controllo politico e amministrativo dell'attività comunale, e quindi anche delle circoscrizioni, sembra opportuno prevedere un'apposita misura di controllo sulle delibere adottate dalle circoscrizioni stesse, da parte dell'ente locale superiore, prima che queste possano in via definitiva imputarsi al Comune.


PQM


Nei sensi sopra espressi è il parere della Sezione.