Comunicato del 29.01.2009 di GD e ASGI
Se su Gaza i rappresentanti istituzionali ed i giornalisti hano raccontato e denunciato il genocidio del popolo palestinese, nel caso della guerra civile in Sri Lanka, regna un silenzio generale. Solo l'Alto Commissariato per i rifugiati ha lanciato in questi ultimi giorni
l'ennesimo allarme umanitario, anche per il rischio crescente di attentati.
Come sempre, la militarizzazione dello scontro etnico porta alla distruzione della minoranza e al conseguente ritorno del terrorismo, che poi viene "utilizzato" per giustificare un ulteriore stretta violenta da parte della polizia, dei servizi segreti e dei gruppi paramilitari.
Mentre il mondo guarda altrove, o insegue i fantasmi della crisi finanziaria, nello Sri Lanka si sta consumando un altro genocidio, dopo che le mediazioni proposte da alcuni paesi europei sono cadute nel vuoto. L'esercito governativo sta mettendo a ferro e a fuoco le città che erano controllate dai Tamil, e sono anche qui numerose le vittime civili.
L'Unione Europea, intanto, ha dichiarato da tempo, come per Hamas, la natura terroristica
dell'organizzazione LTTE, le Tigri Tamil, e sono stati eseguiti in tutti gli stati europei centinaia di arresti, nell'indifferenza generale, anche di persone che si conoscevano per il loro impegno sociale e politico, ma che sono state accusate di raccogliere fondi per finanziare questa organizzazione o altre collaterali.
Probabilmente altre indagini di polizia sono ancora in corso e l'intera comunità tamil presente in Europa è terrorizzata al punto che non si è vista neppure una protesta pubblica per quanto sta avvenendo in questi giorni nello Sri Lanka.
Se i Tamil in Europa sono costretti al silenzio, tocca adesso a noi denunciare le uccisioni di civili e promuovere azioni di protesta. Gli italiani, tutti gli europei che hanno a cuore il destino del popolo tamil e ritengono che il rispetto dei diritti umani non sia dipendente dal colore della pelle o dall'appartenenza ad un gruppo etnico, devono protestare con forza contro i massacri e gli assassini mirati (anche di giornalisti) che continuano ad insanguinare lo Sri Lanka e in particolare la regione settentrionale nella quale si concentra la popolazione Tamil.
La pace nel mondo è una ed indivisibile, e le soluzioni locali che non passano per un abbandono dell'economia di guerra e della logica del terrore militare - che sta
portando il pianeta al disastro civile, economico ed ambientale- non potranno che durare lo spazio di un mattino. Esattamente come le tregue armate che Israele è stato costretto a concedere dopo lo scempio di bambini e di profughi nelle scuole dell'ONU a Gaza.
Tregue armate che i governi infrangono, a Gaza come nello Sri Lanka, sparando sui mezzi di soccorso ed impedendo persino il salvataggio dei feriti.
Occorre che le Nazioni Unite recuperino il loro ruolo di mediazione nei conflitti, senza che singoli paesi con il diritto di veto in Consiglio di sicurezza ne possano paralizzarne l'operato, altrimenti sarà il fallimento delle Nazioni Unite e delle prospettive di multilateralismo.
Se non si invierà anche in Sri Lanka, al più presto, una forza internazionale di interposizione, se non si riprenderà il confronto politico tra tutte le parti in causa, imponendo la riapertura dei negoziati di pace, anche con l'arma delle sanzioni economiche, si potrà constatare soltanto il ritorno alla logica del confronto armato, come
unico strumento per risolvere i conflitti internazionali e le guerre interne, sempre più numerose.
Chiediamo che l'Unione Europea recuperi una sua posizione unitaria sullo scenario globale e ritorni a giocare un ruolo di mediazione anche nella soluzione della guerra civile che si combatte da anni nello Sri Lanka, ponendo fine ai massacri quotidiani dell'esercito governativo e tracciando un progetto di pacificazione che riconosca l'indipendenza del popolo tamil.
Come i palestinesi di Gaza, anche i Tamil dello Sri Lanka non hanno più possibilità di fuga e stanno finendo accerchiati dall'esercito governativo e sottoposti ad attacchi aerei, terrestri e navali. L'Europa deve compiere un passo in più, con la massima urgenza, nella direzione della mediazione dei conflitti, senza attendere che l'America modifichi la sua strategia nelle alleanze internazionali e nella lotta globale al terrorismo.
Occorrono scelte nuove sul piano delle relazioni esterne, ma anche all'interno delle politiche comunitarie della sicurezza. Bisogna costruire anche iniziative di solidarietà concreta con il popolo tamil.
L'elenco delle organizzazioni terroristiche stilato a livello europeo deve essere rivisto, altrimenti si corre il rischio di paralizzare il ruolo di mediazione delle istituzioni comunitarie e dei singoli paesi membri, finendo anche per criminalizzare quanti fuggono da regioni che nel tempo sono diventati, con la complicità della comunità internazionale, veri e propri campi di concentramento.
Tutti coloro che lo vogliono veramente possono dare un contributo concreto nella
direzione della pacificazione e della convivenza, con una somma di iniziative autorganizzate e con un impegno quotidiano di segno diverso. Ciascuno con i suoi mezzi e con i suoi saperi. E non solo con la raccolta, pur doverosa, di fondi in favore delle vittime del conflitto.
Troppi ancora fanno finta di non vedere e di non sentire, anche se i tamil, come i palestinesi, vivono tra noi, ci parlano tutti i giorni, ci consegnano le loro paure e le loro sconfitte. Ancora una volta tocca ai cittadini praticare la coesione sociale, promuovere la circolazione delle informazioni ed esercitare tutti gli strumenti di pressione, dal boicottaggio alla disobbedienza civile, per costringere i governi della guerra ad abbandonare le loro politiche di morte e di sfruttamento, per restituire alle popolazioni tutte, anche in Europa una vera prospettiva di pace e di giustizia.
Giuristi Democratici
ASGI ( Associazione studi giuridici sull'immigrazione)