Sui lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno e il loro diritto alla tutela giudiziale.
Torino, 7 giugno 2007
Preg.mo Sig.
Direttore Direzione Provinciale del Lavoro
Vicolo Franco Villa n. 1
42100 REGGIO EMILIA
e.p.c. Ill.mo Sig.
Ministro del Lavoro
On. Cesare Damiano
Ministero del Lavoro
Via Flavia I n. 6
00187 ROMA
Raccomandata
Abbiamo appreso dall'Avv. Vainer Burani, aderente alla nostra Associazione, che in data 5/06/2007 si é verificato presso la DPL da Lei diretta un episodio che ci pare assai preoccupante.
Ci ha riferito, infatti, l'Avv. Burani che in occasione del tentativo di conciliazione richiesto da quattro lavoratori edili extracomunitari, non in regola con il permesso di soggiorno, ed a seguito anche del Suo intervento, é stato redatto verbale di archiviazione della richiesta dei lavoratori per "mancanza dei requisiti" (C.F. e permesso di soggiorno).
Nel corso dell'incontro, Lei avrebbe affermato l'irritualità della richiesta avanzata dall'Avv. Burani per conto di quei cittadini extracomunitari.
Ci pare che la situazione, al di là delle sue ricadute sul prosieguo della vertenza, che paiono nulle, essendo il verbale redatto idoneo, a nostro giudizio, per l'instaurazione della causa avanti la Magistratura del Lavoro, meriti particolare attenzione, anche se, per quanto ci risulta, si tratta, e fortunatamente, di prassi circoscritta a Reggio Emilia; ma la rilevanza della vicenda é di immediata percezione, poiché un'impostazione, come quella data dal Suo Ufficio finirebbe per vietare a lavoratori che hanno prestato la loro opera presso datori di lavoro che non si sono preoccupati della loro situazione, ma che ne hanno, anzi, approfittato, di fare valere i loro diritti ad una equa retribuzione a sensi dell'art. 36 Cost. che, non a caso, non parla di "cittadino", ma di "lavoratore".
Qualsiasi impedimento posto all'esercizio dei diritti di quei cittadini extracomunitari non in regola con il permesso di soggiorno equivarrebbe ad una licenza nei confronti dei datori di lavoro di libero sfruttamento, più di quanto già oggi avvenga, della mano d'opera clandestina e si tramuterebbe, di fatto, in un autorizzato, illecito arricchimento del datore di lavoro.
Occorre, in proposito, rilevare che la Suprema Corte di Cassazione (vedansi ad es. Cass 13/10/1998 n.10128 e Cass 11/07/2001 n. 9407) ha ritenuto che "il permesso di soggiorno è richiesto non ai fini della validità del contratto, ma solo ai fini della sua efficacia" con diritto del lavoratore ad ottenere il corrispettivo della propria prestazione ai sensi dell'art. 2126 cc. Orbene, poichè la Costituzione italiana garantisce a tutti la possibilità di far valere in giudizio i propri diritti ed essendo l'esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione condizione di procedibilità dell'azione giudiziale, il pretestuoso impedimento allo svolgimento di tale necessaria fase amministrativa viene ad incidere su di un diritto garantito dalla carta costituzionale anche ai lavoratori irregolari in quanto privi di permesso di soggiorno e costituisce comportamento discriminatorio contrario ai doveri di ufficio sanzionabile penalmente ai sensi dell'art. 328 cp.
Ci pare che il caso, per queste ragioni, meriti particolare attenzione e per queste ragioni ci pare opportuno e necessario segnalarlo all'attenzione del Ministro del Lavoro, certamente sensibile a simili problematiche, affinchè provveda ad emanare chiare disposizioni agli uffici periferici, evitando così il ripetersi di tali incresciose situazioni.
Nella speranza che questa lettera possa costituire stimolo per un riesame della posizione assunta dalla DPL di Reggio Emilia, colgo l'occasione per porgerLe i miei migliori saluti.
Avv. Roberto Lamacchia
Presidente Associazione Giuristi Democratici