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 Sull'astensione indetta da OUA e UCPI

Pubblicato da Redazione 10-11-2006 16:27
:: Comunicati
 

Il comunicato 10.11.2006 con cui l'Associazione invita gli avvocati a non aderire all'astensione dalle udienze indetta da OUA e UCPI per la settimana dal 13 al 18 novembre 2006.

Per l'ennesima volta ci troviamo di fronte ad un'astensione degli avvocati dalle udienze decisa, questa volta in assoluta contemporaneità, da OUA e Unione Camere Penali.
Le ragioni dell'astensione sono in parte coincidenti, quelle relative alla critica della legge Bersani, in parte diverse, poiché l'UCPI affianca a quelle ragioni le ormai note lamentele circa la non realizzazione della separazione delle carriere.

Riteniamo di dover esprimere una critica all'astensione per ragioni di metodo e, in parte, di merito.

Abbiamo criticato fortemente la legge Bersani, soprattutto sotto il profilo del taglio di 350.000 Euro in 3 anni dei fondi per la giustizia, della sostanziale impraticabilità del Patrocinio a Spese dello Stato, della considerazione della giustizia come una merce, del cittadino come un "consumatore" del servizio, dell'avvocato come semplice imprenditore. La legge Bersani dimentica che l'avvocato svolge una funzione essenziale perchè il potere giudiziario possa funzionare secondo corretti canoni costituzionali e democratici. Su altri aspetti della legge Bersani, riteniamo che, a volte, le critiche siano di natura eccessivamente corporativa e finiscano per sminuire l'importanza della protesta degli avvocati.
Dunque, sotto questo profilo, la nostra critica all'astensione è soprattutto critica di metodo, poiché ci pare assolutamente improduttivo, impopolare, inutile, controproducente e dannoso per i cittadini protrarre un'azione così incisiva come l'astensione, quando il decreto Bersani è ormai divenuto legge dello Stato.
Questo è invece il momento in cui l'avvocatura deve porsi con forza il problema della riforma del proprio ordinamento, contrastando ogni logica mercantilistica, e con coraggio, lucidità, superando logiche corporative, indicare come debbono essere affrontate e regolate le dinamiche sociali e economiche che hanno mutato profondamente la professione.

Diverso è il discorso sulle altre ragioni addotte dall'UCPI. Abbiamo più volte chiarito come il problema della separazione delle carriere debba essere visto in maniera laica, senza pregiudizi ideologici, senza ritenere che essa separazione sia la panacea di ogni male del processo e come non si possa ritenere che la separazione sia un atto dovuto a seguito della costituzionalizzazione del principio della terzietà del giudice, principio che non può che significare "terzietà nel processo", controllabile attraverso lo strumento dell'astensione o della ricusazione; messa in questi termini la questione, si può discutere se la separazione delle carriere sia utile a risolvere i problemi della giustizia, magari a rischio di trasformare il P.M. in un superpoliziotto e di portarlo sotto il diretto controllo dell'Esecutivo. Non condividiamo la protesta contro la legge che sospende la pessima riforma dell'Ordinamento Giudiziario approvata nella scorsa legislatura. Abbiamo criticato e avversato i principi e le articolazioni di una legge che il centrodestra volle per limitare autonomia e indipendenza della magistratura e non possiamo che vedere con favore ogni intervento legislativo che, quantomeno, sia teso ad eliminare le principali distorsioni introdotte da quella legge. Auspichiamo anzi che l'iniziativa del Governo su questo terreno continui e diventi ben più incisiva. Infine, forte preoccupazione desta la richiesta dell'UCPI di istituire albi di specialità, quasi a prefigurare numeri chiusi e separazione delle carriere fra gli avvocati.

Per tutto questo invitiamo gli avvocati a non aderire all'astensione.
10 novembre 2006

ASSOCIAZIONE NAZIONALE GIURISTI DEMOCRATICI
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